ITALIEN LVII

EXPRESSION ECRITE

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E ricordate che noi italiani portiamo bellezza

L’architettura è un’arte civica, ha a che fare con la comunità. C’è una cultura con la C maiuscola che non mi interessa. Non mi interessa la cultura elitaria, dei convivi, dei club, dei cenacoli. La cultura che mi interessa è quella che appartiene a tutti. È quella che ci appartiene in quanto europei. Il nostro è un paese di bellezze straordinarie, l’Italia è la casa della bellezza. C’è un giochino che potete fare a casa. Provate a guardare il Mare Mediterraneo senza l’Italia: è un grande lago. Ebbene, nel bel mezzo di questo lago, attraversato da tante culture diverse, è venuta ad adagiarsi l’Italia. Era naturale che una tale posizione privilegiata ci aiutasse a diventare la culla della cultura. Non si poteva fare altrimenti, era inevitabile.

La nostra storia poggia su una cultura profonda, una cultura che non possiamo disconoscere, che abbiamo sotto la pelle: è la bellezza del nostro Paese. Se ripenso al mio primo cantiere, al Beaubourg a Parigi, fatto insieme a Richard Rogers, capisco quali energie ci animavano. Avevamo poco più di vent’anni, era il 1971, tre anni dopo il Sessantotto, e. in quel progetto la protesta era evidente. Inseguivamo qualcosa che rompesse la cultura imposta dall’alto. Allora pensammo di costruire questa gigantesca fabbrica: un cantiere enorme, al centro della piazza. Non mi sono mai sentito, neanche allora che ero giovanissimo, un semplice architetto ma un costruttore di luoghi di cultura, un amante della bellezza. La cultura, la frequentazione della bellezza, il sapere, ci rendono persone speciali. Qualsiasi lavoro facciate nella vita, ciò che vi renderà unici sarà la vostra dimensione culturale. E per cultura non intendo qualcosa di immobile, di istituzionale. La cultura è anche rompere i tabù, non può e non deve mai essere intimidente. Una volta esportavamo gli stili architettonici, ma oggi non è più così, oggi non esportiamo modelli formali ma un’idea di urbanità. Credo che la bellezza oggi sia nella trasparenza, nella luce. Attraverso la costruzione di un edificio si può rendere una città un luogo migliore, avvicinarla alla cultura, è quello che ispira costantemente il mio lavoro. L’architettura, come la cultura, è sempre un’opera collettiva. Quanti operai ci vogliono per realizzare un progetto? All’aeroporto di Osaka hanno lavorato diecimila operai. L’architettura è una strana cosa in cui la scienza, la tecnologia, l’arte e la comunità si fondono. Come nell’umanesimo. Ma è la gente a rendere i luoghi vivi. Dobbiamo sempre pensare i luoghi in funzione della gente. L’architettura deve essere capace di prodezze, richiede il lavoro di molti ed è destinata a molti.

Gli edifici costruiti per la cultura devono essere spazi delia condivisione, spazi in cui avviene il miracolo della tolleranza. Stare assieme, condividere i valori, capirsi. Sono questi i principi che ispirano la nostra cultura comune e devono ispirare l’architettura, che non è solo tecnica, non è solo costruzione, è anche poesia. Noi italiani, noi europei, possiamo fare tutto ciò perché poggiamo sulle spalle di un gigante: la cultura umanistica, un sapere complesso che unisce valori scientifici e artistici. Ma come vengono le idee? A noi architetti vengono collettivamente. Essere europei, essere italiani, vuol dire avere il dono di comprendere la complessità delle cose, i chiaroscuri. Invece oggi nel nostro Paese sembra vincere un battage sulla demolizione dei valori. Non dovete farvi prendere dallo sconforto, non fatevi demolire. Nella nostra cultura abbiamo un paracadute, uno strumento straordinario di sopravvivenza. Il nostro dna ha dentro la bellezza, la scienza, il senso della comunità. Anche il lavoro di rammendo delle periferie è un mestiere da umanista. Le periferie saranno le città del futuro. Così come negli anni Settanta e Ottanta abbiamo vinto la battaglia per la conservazione dei centri storici, oggi la nostra sfida è trasformare le periferie in città urbanizzate, fecondarle, portarci delle attività. L’architettura è prima di tutto un’arte civica, che ha a che fare con la comunità, la gente. Un’arte che tiene insieme tecnologia ed emozioni, scienza e poesia. Tutti gli aspetti della cultura umanistica, che è la nostra eredità, il nostro riparo. Voi siete involontari portatori di bellezza. Dovete saperlo e ricordarvelo, qualsiasi mestiere facciate, e non scoraggiarvi ma avere fiducia.

Renzo Piano, E ricordate che noi italiani portiamo bellezza,
La Repubblica, novembre 2014.

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1. In che senso Renzo Piano afferma nel testo che gli italiani « portano bellezza »?

2. Esiste, secondo voi, un rapporto tra bellezza e progresso come suggerisce l’architetto italiano? Esprimete la vostra opinione in modo argomentato.

ITALIEN LVII
TRADUCTION DE FRANÇAIS EN ITALIEN

II y a un lieu à Naples dont aucun Napolitain ne songerait à contester le caractère central et incontournable, c’est le Parquet (1) et ses cent dix-sept magistrats, le plus grand Parquet d’Italie et le plus « miraculeux » pour son efficacité, qui se niche dans le quartier des affaires avec ses gratte-ciel en verre luisant. Cent dix-sept procureurs ! Un chiffre à la hauteur de la capacité transgressée de la population, diront les plus malins. Les magistrats sont ainsi devenus la colonne vertébrale de la société, les garants de la démocratie, présents partout, dans les universités outre que dans les prétoires (2), dans les écoles, dans la vie publique et dans la vie quotidienne, une présence qu’attestent les journaux – il faut lire II Mattino et sa dizaine de pages de faits divers chaque jour. C’est comme si la narration de la ville devait passer par force par les juges. Et par les cantastorie, que sont les journalistes à l’affût dès l’aube de la moindre nouvelle.

Marcelle Padovani, Les Napolitains, Boulogne-Billancourt, 2014

TRADUCTION D’ITALIEN EN FRANÇAIS

Ho conosciuto Carlo nel periodo pre-bellico, poco prima che dichiarasse guerra al fast food in nome di un diverso stile di vita. Era, ed è rimasto, un generale convincente: mi ha sempre colpito la sua capacità di creare consenso sulla condivisione, di proporre idee nuove che ti prendono immediatamente perché interpretano anche il tuo pensiero. Come il don Raffaele di Fabrizio de André, Carlin è uno che ti dice cosa pensi. E’ il dono dei profeti, che tracciano vie ma non parlano per sé, bensì per gli altri.

Poi l’avventura è cominciata, e ho avuto la fortuna di essere fra gli amici che Carlin ama consultare prima di dare il via a decisioni che in realtà ha già preso, ma su cui desidera confrontarsi per metterle a punto e verificarne i dettagli. Carlin è sempre stato proiettato nel futuro e sa pensare in grande, sa immaginare cose che poi sembreranno ovvie, ma quando te le racconta per la prima volta sembrano utopie. Di utopie realizzate è piena la vita di quest’uomo straordinario, e l’ho aiutato a realizzarne una delle più incredibili. Discutevamo per ore, per giorni, dando corpo, a poco a poco, a un’idea difficile da tradurre in pratica, che si scontrava con tali impacci formali da far perdere la voglia a chiunque.

Massimo Montanari, in AA. VV. Carlo Petrinì. La coscienza del cibo, Bra 2014