La critica d’arte che difende il Made in Italy

«In questi anni abbiamo perso troppi treni; anche un certo modo di parlare del made in Italy come fossero solo artigiani bravi a fare bei vestiti o borse è suicida», sostiene Maria Luisa Frisa, critica d’arte veneziana, direttrice per Marsilio della «Collana Mode», curatrice di famose mostre, Direttrice del corso di laurea in Design della moda all’università IUAV [[Istituto Universitario Architettura Venezia]] di Venezia, visiting professor al London college of fashion, Maria Luisa ha un punto di vista non retorico sullo shopping di nostre celebri firme da parte dei giganti del lusso. «Nel mercato globale ognuno è libero di comprare ciò che vuole. Del resto, senza Arnault o Pinault, certi marchi non avrebbero potuto svilupparsi. Detto questo il fatto è che produciamo i più begli oggetti, li vendiamo in tutto il mondo, ma all’estero ormai non siamo considerati come creatori.

Non solo. A differenza dei francesi e inglesi non abbiamo creato una mitologia della nostra moda che non è nata – come a volte si legge – nel 1951 ma con il Risorgimento (nella Milano delle Cinque Giornate uomini e donne indossarono abiti di velluto e cappello alla calabrese con il tricolore).

«Tornando al made in Italy», continua Frisa, «quel successo nacque grazie alla capacità di alcuni imprenditori di coniugare artigianato con industria creando un prodotto fatto in serie di gran qualità. È questa la nostra storia su cui puntare per non essere spazzati via!». Addio solitari, a volte geniali stilisti che presentavano in passerella solo 4 collezioni l’anno (2 per la donna, 2 per l’uomo). «Oggi la moda ha bisogno di tante, diverse professionalità. È il tempo dei « fashion designer », i direttori creativi di grandi gruppi che, rispettando il DNA di un marchio, devono renderlo contemporaneo. Un lavoro complesso per il quale occorre preparazione. Non a caso Tom Ford e Marc Jacobs sono usciti dalla Parsons School of Design di New York, John Galliano e Riccardo Tisci dalla Saint Martins di Londra». Insomma, università, accademie, scuole come quella di Anversa che sfornano talenti capaci d’affrontare i cambiamenti avvenuti nel sistema moda. Basta pensare al progressivo spostamento sia dei mercati che delle produzioni e delle officine creative. «Purtroppo sulla formazione noi siamo molto indietro; c’è chi ancora pensa che il talento sia qualcosa d’innato mentre, invece, va aiutato a crescere». Maria Luisa eletta presidente di Misa, la neonata Associazione italiana degli studi di moda, ha organizzato i primi «Stati generali delle scuole di Design della Moda». «Basta lamentarsi! Dobbiamo valorizzare la moda come ricchezza culturale ed economica del nostro Paese».

d’après Chiara Beria Di Argentina, La Stampa, 17 novembre 2013

I -VERSION (sur 20 points)

Traduire depuis le début du texte jusqu’à «… non siamo considerati come creatori ».

II. QUESTIONS (sur 40 points)

1. Question de compréhension du texte :

Spiegate : «il progressivo spostamento sia dei mercati che delle produzioni e delle officine creative ».

(150 mots + ou 10%[[Le non-respect de ces normes sera sanctionné. Indiquer le nombre de mots sur la copie après chaque question.]]; sur 20 points)

2. Question d’expression personnelle :

Pensate che il Made in Italy abbia bisogno di essere difeso?

(250 mots + ou – 10%; sur 20 points)

III. THÈME (sur 20 points)

1. Rien ne peut résister au dynamisme des pays émergents.

2. Ne pensez-vous pas, Monsieur, que votre tenue n’est pas adaptée au lieu ?

3. Mon oncle m’en a parlé avant-hier

4 II y a tellement de monde dans le métro du lundi au vendredi !

5 Malheureusement, on voit de moins en moins de fresques à Pompéi.

6 II me semble que ma pension est moins chère que ton hôtel.

7. Nous ne savions pas que les vols low-cost avaient autant de destinations en Italie.

8. Si la crise économique continue, le phénomène de la fuite des cerveaux s’accentuera.

9. Il y a deux siècles, l’Etat italien n’existait pas encore.

10. Pour 80% des touristes, Venise est la ville la plus romantique.